Missi dominici

Missi dominici

Funzionari regi istituiti da Carlo Magno [vedi]. Già sotto i Merovingi [vedi] esisteva la figura del misso, ma non istituzionalizzata. Con i Carolingi i (—) divennero un organo regolare, attraverso il quale l’imperatore raggiungeva direttamente tutte le popolazioni dell’impero, scavalcando i funzionari.
I (—) erano regolati da un capitolare [vedi] dell’802, in base al quale venivano scelti annualmente tra il personale del Palazzo [vedi Palatium], in genere tra i ricchi, per evitare possibili venalità. Venivano inviati, in coppia, in una circoscrizione dell’impero (missiaticum) che essi dovevano visitare.
Uno dei due (—) era di provenienza ecclesiastica (vescovo o abate), l’altro era di provenienza laica (conte o duca), ciò a testimonianza della raggiunta convergenza tra autorità imperiale ed ecclesiastica.
I (—) rappresentavano l’imperatore. In ogni località tenevano un’assemblea generale degli uomini liberi, nella quale veniva prestato giuramento di fedeltà all’imperatore, pubblicati i capitolari, raccolte le lamentele contro i funzionari. Ad essi venivano sottoposti i processi giudiziari più gravi, talvolta le denunce tra singoli sul piano morale o religioso, le suppliche delle persone senza difesa (orfani, vedove).
Essi svolgevano funzioni amministrative: inchieste sulla riscossione delle imposte, sulla moneta falsa, sulla manutenzione delle strade, sulla conservazione delle proprietà del re, sulla gestione delle chiese. Gli ordini dei (—) in quanto accompagnati dal banno regio, tale da comportare pesanti sanzioni per chi lo violasse, si imponevano a tutti: ai privati, così come ai conti e ai vescovi.
I (—) vigilavano sui funzionari, ed avevano anche poteri di revoca degli stessi. Controllavano anche il clero e l’osservanza dei precetti religiosi da parte dei laici.
Fin quando l’impero mantenne una forte autorità sui (—), tale istituzione conservò la propria funzionalità. La decadenza dell’impero comportò una sempre maggiore autonomizzazione dei (—), finendo con l’indebolire ulteriormente l’autorità centrale.