Indicatore di divergenza

Indicatore di divergenza

Strumento atto a misurare le fluttuazioni percentuali che ognuna delle monete dei paesi aderenti allo SME (v.) poteva manifestare rispetto all’ECU (v.).
Fino all’estate del ’93 le fluttuazioni consentite rispetto all’indicatore di divergenza dovevano limitarsi al ± 2,25%. In seguito la banda di oscillazione è stata portata al 15%.
L’indicatore di divergenza è stato introdotto al fine di evitare che i paesi con una moneta più debole fossero costretti a sopportare un onere eccessivo. Qualora una moneta divenisse divergente, cioè fluttuasse troppo verso l’alto o verso il basso rispetto all’ECU, le autorità monetarie (v.) erano difatti tenute ad intervenire, adottando precise misure di politica economica (v.), modificando il corso pivot (v.) o effettuando operazioni diversificate sul mercato dei cambi.
L’indicatore di divergenza per ciascuna moneta si otteneva in questo modo:
— innanzitutto veniva calcolato l’apprezzamento o la svalutazione della moneta rispetto all’ECU, in rapporto al suo corso pivot collegato all’ECU;
— il risultato veniva poi confrontato allo scarto massimale di divergenza, corretto del peso di ogni valuta del paniere. In tal modo quanto più il peso della moneta fosse elevato, tanto più il suo scarto massimale di divergenza sarebbe stato ridotto.
Con la nascita dello SME-2 (v.) il meccanismo dell’indicatore di divergenza ha cessato di esistere, in quanto il controllo delle fluttuazioni delle monete dei paesi aderenti viene effettuato dalla autorità monetarie nazionali.