Libertà

Libertà
() nella storia del diritto (teoria gen.)
Nella polis greca e nella società romana per (—) si intendeva il potere nelle mani della collettività a cui l'individuo si assoggettava; in età contemporanea più che di (—) si parla delle (—) con le quali si riconosce e garantisce una sfera di autonomia dei cittadini nei confronti dei pubblici poteri.
Strettamente connesso al concetto di (—) è, infatti, quello di autonomia, in quanto in entrambi si riscontra un'idea di relazione: si è liberi (o autonomi) nei confronti di (o rispetto a) qualcosa. Dunque tanto si è liberi ed autonomi in quanto si possa, al riparo da interferenze esterne, esprimere ed esercitare i propri interessi.
Su tale concetto si innestano le (—) negative, intese appunto come (—) dallo Stato, come garanzie di assenza di divieti o impedimenti. Le (—) negative sono state le prime ad essere solennemente riconosciute nei documenti costituzionali o almeno nei loro preamboli.
Con l'estendersi delle basi sociali del consenso alle istituzioni politiche, alle (—) negative sono venute ad affiancarsi quelle positive, in primo luogo le (—) nello Stato, attraverso le quali si realizza la partecipazione alla vita politica anche delle classi subalterne: diritto di voto [Voto (Diritto al)], diritto di associarsi in partiti [Partiti politici] etc. Le (—) politiche si caratterizzano per la loro natura strumentale, per essere cioè situazioni giuridiche soggettive azionabili da individui e gruppi al fine di garantire la presenza e l'integrazione dei governati nell'area di governo. Si insinua, così, a livello giuridico l'idea che il riconoscimento delle (—) fondamentali non è sufficiente se non se ne assicura l'effettivo esercizio. Tale convinzione è il frutto delle lotte della classe operaia e dei ceti contadini, diretta ad ottenere dallo Stato una serie di interventi che riequilibrassero le posizioni dei singoli all'interno della società. Nascono così i diritti sociali (libertà positive) che, intesi in termini oggettivi, si identificheranno con le norme attraverso le quali lo Stato interviene in situazioni di disparità sociale, svolgendo una funzione di riequilibrio, mentre intesi in senso soggettivo si identificheranno con il diritto di ogni cittadino a partecipare ai benefici della vita associata e con la richiesta di determinate prestazioni, dirette o indirette, dei pubblici poteri.
() controllata (d. proc. pen.)
È la misura sostitutiva delle pene detentive fino a un anno (introdotta dall'art. 56 L. 689/81). Tale misura non è priva di contenuto sanzionatorio: infatti comporta una serie di divieti e obblighi, sanciti anche per la semidetenzione, il divieto di allontanarsi dal comune di residenza, salvo autorizzazione concessa di volta in volta ed esclusivamente per motivi di lavoro, di studio, di famiglia o di salute; l'obbligo di presentarsi almeno una volta al giorno, nelle ore fissate compatibilmente con gli impegni di lavoro o di studio del condannato, presso il locale ufficio di pubblica sicurezza o, in mancanza, presso il comando dell'Arma dei carabinieri territorialmente competente; il divieto di detenere armi etc.; la sospensione della patente; il ritiro del passaporto e l'obbligo di conservare ed esibire l'ordinanza. La (—) può essere revocata se sopravviene condanna per un fatto commesso in precedenza che fa venir meno le condizioni soggettive richieste, ovvero se interviene condanna per un delitto non colposo commesso durante il corso dell'esecuzione.
La L. 12-6-2003, n. 134 contenente modifiche al codice di procedura penale in materia di applicazione della pena su richiesta delle parti, ha modificato alcuni articoli della L. 689/81 in materia di sostituzione di pene detentive brevi, elevando i tetti di pena entro i quali è possibile sostituire le pene detentive previste dal codice penale con la semidetenzione o con la libertà controllata nonché le condizioni soggettive del condannato ostative alla sostituzione e i criteri di ragguaglio.
() personale (d. cost.)
La (—) costituisce il presupposto logico e giuridico di tutte le libertà riconosciute all'individuo dalla Costituzione.
Storicamente la (—) si configura come libertà dagli arresti, tutelando il cittadino dall'esercizio arbitrario del potere di coercizione fisica della pubblica autorità. Come tale essa è presa in considerazione anche dalla nostra Costituzione, sebbene l'affermazione iniziale della sua inviolabilità si rivolga sia ai poteri pubblici che a quelli privati.
La (—) garantisce, però, anche da quegli obblighi che, pur non comportando una immediata coercizione, causano una vera e propria degradazione della dignità umana. Al di sotto di questa soglia, la tutela dalle prestazioni imposte confluisce in altre libertà o nel più generale divieto di cui all'art. 23 Cost.
Il fondamento costituzionale della (—) deve ravvisarsi nell'art. 13 Cost. il quale stabilisce, nel co.1, che la libertà personale è inviolabile, e prosegue: Non è ammessa alcuna forma di detenzione, di ispezione o perquisizione personale, né qualsiasi altra restrizione della libertà personale, se non per atto motivato dell'autorità giudiziaria e nei soli casi e modi previsti dalla legge.
In tale disposizione si possono individuare tre garanzie fondamentali:
— la riserva di legge, che consiste nell'attribuzione in via esclusiva al potere legislativo della competenza a disciplinare la materia relativa ai casi ed alle modalità in cui si può legittimamente limitare la (—) di un individuo. Il conferimento esclusivo al legislatore della competenza normativa è finalizzato a vietare qualsiasi intervento, in materia di misure restrittive della libertà, della potestà normativa secondaria (riservata al potere esecutivo), garantendo al cittadino che solo il Parlamento, che è l'organo rappresentativo del popolo, potrà, con legge, regolare la materia. Si tratta di una riserva rinforzata, in quanto una legge che regoli le restrizioni della libertà personale deve attenersi scrupolosamente ai principi stabiliti dall'art. 13 Cost.;
— la riserva all'autorità giudiziaria della competenza all'emanazione dei provvedimenti restrittivi della (—). È la cd. garanzia dell'habeas corpus, cioè il divieto degli arresti arbitrari. Solo il giudice, infatti, investito di autorità super partes, è in grado di offrire garanzie d'imparzialità;
— l'obbligo della motivazione che deve necessariamente accompagnare ogni provvedimento giurisdizionale che limita la (—).
In casi eccezionali di necessità ed urgenza gli ufficiali e agenti di polizia giudiziaria, possono, per finalità di pubblica sicurezza, adottare provvedimenti provvisori [Arresto] da assoggettare a convalida dell'autorità giudiziaria entro il termine perentorio di 96 ore, scandito in un segmento di 48 ore assegnato alla polizia giudiziaria per l'informativa all'autorità giudiziaria, e in un altro di 48 ore per il provvedimento giudiziario di convalida. La stessa norma costituzionale fissa l'esigenza che la legge ordinaria stabilisca i termini massimi della carcerazione preventiva.
() sindacale (d. cost.; d. lav.)
L'art. 39 Cost. sancisce la libertà dell'organizzazione sindacale quale autonoma e specifica manifestazione del più generale principio di libertà di associazione di cui all'art. 18 della Cost. La Carta Costituzionale ha così voluto affermare che alla base dell'organizzazione, della funzione e della stessa azione sindacale vi è la libertà intesa come diritto soggettivo assoluto.
Così concepita, la (—), che è un principio normativo autonomo e di immediata applicazione, ha una molteplicità di esplicazioni, sia nei confronti dello Stato che delle stesse organizzazioni sindacali e dei singoli lavoratori e datori di lavoro.
Tali esplicazioni vanno dal diritto di costituire una pluralità di associazioni sindacali anche per la medesima categoria (Cass. 8-2-1975, n. 495), a quello di parteciparvi ed iscriversi (così come a quello di non iscriversi), alla libertà di svolgere ogni forma di attività sindacale, alla tutela dei rappresentanti sindacali. Né d'altronde sarebbe legittima costituzionalmente una legge con cui lo Stato pretendesse di determinare i fini o le strutture organizzative dei sindacati.
La fonte normativa più importante in materia, dopo la Costituzione, è la L. 300/70, meglio nota come Statuto dei lavoratori, che dedica il titolo II alla (—) intesa in senso stretto e specifico. In particolare, l'art. 14 prevede il diritto di svolgere liberamente attività e propaganda sindacale nei luoghi di lavoro; gli artt. 15 e 16 vietano rispettivamente i fatti, gli atti e i trattamenti economici discriminatori in ragione dell'attività sindacale; ancora l'art. 17 impone al datore di astenersi dal costituire o sostenere i cd. sindacati di comodo.
Tale legge ha recepito dunque i principi fondamentali fissati dalla Costituzione stessa tendendo non a disciplinare la (—), poiché costituirebbe un'illegittima interferenza del legislatore, bensì a garantire l'esercizio della medesima e a renderlo più effettivo e determinante all'interno delle unità produttive, predisponendo, al riguardo, anche un efficiente apparato sanzionatorio.
() vigilata (d. pen.)
Rientra fra le misure di sicurezza personali non detentive [Misure (di sicurezza)] (artt. 228-232 c.p.)
Consiste in una limitazione della libertà personale destinata a evitare le occasioni di nuovi reati. In caso di inosservanza delle prescrizioni imposte, il giudice può aggiungere la cauzione di buona condotta. Se l'inosservanza si ripete o la cauzione non è prestata, il giudice può sostituire la (—) con l'assegnazione ad una colonia agricola o ad una casa di lavoro e se si tratta di un minore con il ricovero in un riformatorio giudiziario.
La sorveglianza della persona in stato di libertà vigilata è affidata all'autorità di pubblica sicurezza. La sottoposizione alla libertà vigilata è obbligatoria:
— se è inflitta la pena della reclusione non inferiore a 10 anni;
— quando il condannato è ammesso alla liberazione condizionale;
— se il contravventore abituale o professionale, non essendo più sottoposto a misure di sicurezza, commette un nuovo reato;
— negli altri casi determinati dalla legge.
La durata minima della libertà vigilata è di un anno; essa, però, non può essere inferiore a tre anni se è inflitta la pena della reclusione per non meno di dieci anni e qualora, a seguito di indulto o di grazia, non debba essere eseguito l'ergastolo.